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GPD vince per un gestore di strutture sociosanitarie in una causa promossa per contagio da Covid-19 sul luogo di lavoro

Gli avvocati Paolo Momigliano, Niccolò Medica e Lucia Rapallo vincono per conto di un primario gestore di numerose strutture sociosanitatie davanti al Tribunale di Savona, ottenendo l’integrale rigetto delle domande promosse da un dipendente che sosteneva di aver contratto il Covid-19 nel corso dell’esecuzione delle proprie mansioni lavorative e che chiedeva quindi il risarcimento dei danni patiti.

Si tratta di una delle prime pronunce in materia di responsabilità del datore di lavoro in caso di contagio da Covid-19 asseritamente occorso sul luogo di lavoro: la sentenza del Tribunale savonese è destinata a costituire un importante precedente, in particolare, per i gestori di residenze sanitarie e/o sociosanitarie (ma, in generale, per tutti i datori di lavoro) che hanno dovuto (e devono tutt’oggi) provvedere alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori in un periodo di pandemia.

In particolare, il dipendente sosteneva di aver contratto la malattia durante l’esecuzione delle proprie mansioni a causa di asseriti reiterati inadempimenti del datore di lavoro agli obblighi spettanti al medesimo in materia di sicurezza, in virtù di quanto previsto, tra l’altro, dal D. Lgs. n. 81 del 2008 e dalla copiosa normativa nazionale e regionale emanata per far fronte alla diffusione del Covid-19, nonché a causa dell’asserita omessa dotazione di idonei dispositivi di protezione individuale (i c.d. “DPI”).

Dall’altro lato, la società forniva la prova di aver puntualmente osservato quanto previsto dalla richiamata normativa, nazionale e regionale, e dalle numerose circolari e/o direttive emanate fin dagli inizi dell’emergenza sanitaria, adottando tutte le misure di sicurezza possibili, tenuto conto delle conoscenze tecniche e scientifiche evolutesi nel tempo e delle notorie difficoltà nel reperire i DPI, soprattutto nei primi mesi della pandemia.

Il datore di lavoro riusciva altresì a dimostrare che il lavoratore aveva partecipato a numerosi eventi extra lavorativi, senza aver adottato, in occasione di tali eventi, le misure di sicurezza prudenziali per evitare eventuali contagi.

La società eccepiva inoltre il fatto che il riconoscimento, da parte dell’INAIL, dell’infortunio e/o della malattia da Covid-19 non assumeva alcun rilievo ai fini della responsabilità civile e/o penale del datore di lavoro.

Il Tribunale di Savona – ribadendo il principio secondo cui il lavoratore che lamenti un danno presuntivamente subito nell’esecuzione delle proprie mansioni ha l’onere di dimostrare non solo l’esistenza di tale danno, ma anche la nocività dell’ambiente di lavoro e/o comunque la violazione da parte del datore di lavoro di determinati obblighi di comportamento imposti da norme di legge e di regolamento e/o contrattuali, oltre al nesso causale tra l’uno e l’altro, in quanto l’art. 2087 cod. civ. non integra un’ipotesi di responsabilità oggettiva a carico del datore di lavoro – ha respinto il ricorso del dipendente, riconoscendo la legittimità e la correttezza delle iniziative assunte dal datore di lavoro a tutela della sicurezza dei lavoratori, nel rispetto di quanto previsto dal “Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del Covid-19” approvato dal Governo e dalle Parti sociali il 14 marzo 2020, e in un contesto generale caratterizzato da una situazione pandemica del tutto sconosciuta, da un quadro normativo in continuo divenire e da evidenti difficoltà di approvvigionamento di DPI.

Nello specifico, il Tribunale ha anche rilevato che “il datore di lavoro è tenuto a garantire la puntuale attuazione di tutte le misure e le cautele tipizzate dai diversi provvedimenti emanati per contrastare la diffusione del contagio da Covid-19, adattandole – come vuole il Protocollo sottoscritto dal Governo e parti sociali – allo specifico contesto produttivo e organizzativo aziendale”.

Il Giudice ha ulteriormente evidenziato che, in assenza di violazioni da parte del datore di lavoro nel tutelare i propri dipendenti, il contagio che si verifica in ogni caso sul luogo di lavoro non costituisce un inadempimento datoriale e rimane coperto dalla tutela INAIL, ai sensi di quanto previsto dall’art. 42 del D.L. n. 18 del 2020 (c.d. “Cura Italia”).

La pronuncia in questione ha richiamato anche il contenuto della circolare INAIL n. 22 del 20 maggio 2020, nella parte in cui è previsto che “il riconoscimento dell’origine professionale del contagio si fonda su un giudizio di ragionevole probabilità ed è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio”; in altri termini, l’ammissione alla tutela assicurativa INAIL per il contagio da Covid-19 non assume alcuna rilevanza ai fini del riconoscimento della responsabilità del datore di lavoro, non essendo stata accertata nel caso di specie la colpa di quest’ultimo nella determinazione dell’evento.

Da ultimo, secondo il Tribunale, il lavoratore poteva aver ragionevolmente contratto la malattia in luoghi ed ambienti diversi da quello lavorativo.