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Covid-19 e compenso delle atlete del campionato di pallavolo di serie A1

Contributo a cura dell’avv. Daniela Italiano pubblicato su N&T Plus Diritto – Il Sole 24ORE.

Come è noto, a decorrere dal febbraio 2020, al fine di contrastare la diffusione della pandemia Covid-19, il Governo italiano ha adottato – con atti straordinari, urgenti ed imprevedibili – provvedimenti normativi ad hoc che hanno precluso in radice lo svolgimento della maggior parte delle attività economiche, sociali, culturali e sportive.

Con riferimento all’attività sportiva, la richiamata normativa emergenziale ha disposto la sospensione degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina nei luoghi pubblici e privati, oltreché vietato le attività di allenamento per gli sport di squadra.

L’ordinamento sportivo, in quanto ordinamento settoriale esistente all’interno dell’ordinamento statale ed assoggettato alle norme di quest’ultimo in ossequio al principio della gerarchia delle fonti, ha dato ottemperanza alle disposizioni dei D.L. e D.P.C.M. di volta in volta emanati dal Governo.

Con specifico riferimento al settore pallavolistico, le attività di allenamento e di gara sono state in un primo momento interrotte per limitati periodo temporali e/o per limitate aree del territorio nazionale, fino a quando, l’8 aprile 2020, la Federazione Italiana di Pallavolo (FIPAV) ha disposto la chiusura anticipata del campionato 2019-2020 con conseguente definitiva cessazione di ogni attività. In estrema sintesi, la FIPAV ha:

  • i.in un primo momento, sospeso l’intera attività pallavolistica nazionale di gara a tutti i livelli fino al 1 marzo 2020 (comunicato Federale del 24 febbraio 2020);

  • ii.successivamente, recepito la delibera adottata dal Coni (Comitato Olimpico Italiano) e sospeso l’attività pallavolistica fino al 13 aprile 2020 (comunicato Federale del 10 marzo 2020);

  • iii.infine, decretato la conclusione definitiva di tutti i campionati pallavolistici nazionali, regionali e territoriali di ogni serie e categoria (comunicato Federale dell’8 aprile 2020).

La citata normativa ed i relativi provvedimenti hanno integrato a tutti gli effetti un evento eccezionale, straordinario ed imprevedibile. Si tratta del c.d. factum principis, ossia di un impedimento oggettivo all’esecuzione delle rispettive prestazioni che altera il sinallagma contrattuale e rende oggettivamente impossibile l’esecuzione della prestazione.

La sospensione delle competizioni imposta dalla normativa emergenziale ha determinato ineluttabilmente, ma anche incolpevolmente:

  • – per le giocatrici, la cessazione di qualsivoglia attività di allenamento e gara a partire dal 9 marzo 2020 e l’impossibilità di disputare 7 su 26 match complessivi;

  • – per i Club, l’obbligo di chiusura dei propri centri sportivi e l’impossibilità di esigere e ricevere dalle atlete sia l’attività di allenamento, sia la partecipazione alle gare del campionato.

Né vi è stato modo per le giocatrici di eseguire la prestazione nelle forme del c.d. “lavoro agile”, atteso che la prestazione dell’atleta è per sua natura insuscettibile di essere eseguita e fruita mediante modalità diverse da quelle tipiche di una prestazione fisica, laddove invece le modalità di lavoro agile sono concepibili esclusivamente con riguardo alle prestazioni intellettuali.

A seguito della sopravvenuta impossibilità per le atlete di giocare ed allenarsi, si è cristallizzata una oggettiva impossibilità di eseguire una parte del contratto che, in termini percentuali in relazione agli impegni contrattualizzati equivale a circa il 27% delle prestazioni pattuite.

A fronte di tali dati oggettivi ed in considerazione delle gravi ripercussioni economiche cagionate dalla pandemia e dalle connesse misure di contenimento, nonché tenuto conto della non imputabilità della situazione, della natura corrispettiva del contratto e della alea straordinaria che aveva alterato l’equilibrio sinallagmatico dello stesso, i Club del campionato di pallavolo di serie A1 Femminile hanno coralmente operato una riduzione dei compensi delle giocatrici, in modo proporzionale alla quantità ed al numero di prestazioni non eseguite dalle atlete, perché divenute impossibili e comunque non legalmente esigibili o fruibili dai Club di appartenenza.

La riduzione disposta dai Club, seppur conforme alle norme del codice civile in materia di impossibilità sopravvenuta, ha generato un aspro conflitto tra le società sportive e le atlete in quanto soggetti portatori di interessi contrapposti e contrastanti.

Se, infatti, le giocatrici rivendicano il diritto al compenso anche per le prestazioni non rese, dall’altro lato i Club, già gravati dalle conseguenze economiche negative cagionate dalla pandemia (si pensi, a titolo esemplificativo, alla mancata vendita dei biglietti delle partite, al mancato incasso dei diritti televisivi, allo scioglimento dei contratti con gli sponsor) non intendono remunerare prestazioni che nei fatti non hanno ricevuto.

Detto contrasto è stato composto perlopiù mediante una efficace attività di rinegoziazione in ossequio ai principi di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. La maggior parte delle giocatrici, infatti, ha accettato una riduzione del compenso in considerazione del numero di incontri e delle attività di allenamento non eseguite.

In altri casi, invece, i tentativi di raggiungere un accordo bonario sono naufragati con conseguente devoluzione della questione agli organi di giustizia del settore pallavolistico, ossia la Fédération Internationale de Volleyball (FIVB) competente a decidere le controversie internazionali di carattere finanziario tra Club, giocatori, procuratori e coach, e la Confédération Européenne de Volleyball (CEV), dotata delle medesime competenze con esclusivo riferimento alle controversie tra Club, giocatori, procuratori e coach cittadini dell’UE.

Allo stato, tenuto conto dell’esiguo numero di casi decisi sino ad ora, non è possibile comprendere quale sarà l’orientamento prevalente degli organi di giustizia sportiva ed in che modo questi ultimi intenderanno dirimere il conflitto in atto.