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Composizione negoziata: come si applicano le misure premiali

Contributo a cura di Giampaolo Provaggi, Socio Fondatore di GPD e Alfredo Vaccarisi, Senior associate di GPD, pubblicato su Ipsoa Quotidiano.


Il Codice della crisi d’impresa prevede misure premiali di favore a beneficio di tutti gli imprenditori, sia commerciali che agricoli, che attivano la procedura di composizione negoziata della crisi versando “in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”. Sono ancora ammesse a beneficiare delle misure premiali anche le imprese che risultano sottosoglia di fallibilità. Ma la norma non è lineare nella sua applicazione, che risulta non omogena rispetto agli strumenti previsti dallo stesso codice della crisi e dell’insolvenza. In quali casi?
Il Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (di seguito CCII), di cui al D.Lgs. n. 14/2019, con le modifiche apportate a cura del D.Lgs. n. 83/2022 (di seguito anche il “Decreto”), ha trovato il suo assetto definitivo.
Per quanto è oggetto di interesse e cioè le “Misure premiali”, l’art. 6, D.Lgs. n. 83/2022, che ha sostituito la Parte Prima, Titolo II, del D.Lgs. n. 14/2019, ha previsto l’inquadramento delle stesse nell’ambito dell’art. 25-bis del testo del CCII.
Sono state così mutate le previsioni precedenti di cui agli artt. 24 e 25, D.Lgs. n. 14/2019 ed abrogate le previsioni di cui all’art. 14, D.L. n. 118/2021 (definite all’interno del percorso della composizione negoziata).
L’art. 25-bis del novellato D.Lgs. n. 14/2019, in conformità con la previsione di cui all’abrogato art. 14 del D.L. n. 118, prevede misure premiali di favore a beneficio di tutti gli imprenditori, sia commerciali che agricoli che attivano la procedura di composizione negoziata della crisi versando “in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.” (art. 12, c. 1, CCII). Del pari, sono ancora ammesse a beneficiare delle riferite misure premiali anche le imprese che risultano sottosoglia di fallibilità, siccome previsto dall’art. 25-quater, c. 5.
Nel dettaglio, la norma in esame non è lineare nella sua applicazione, che risulta non omogena rispetto agli strumenti di cui all’art. 23, CCII.


Interessi sui debiti di natura tributaria: applicazione della misura legale
Il comma 1 dell’art. 25-bis, prevede la riduzione degli interessi, nella misura legale, sui debiti di natura tributaria per il periodo intercorrente “Dall’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto (n.d.r. che deve avvenire entro 2 giorni dalla ricezione della nomina ex art. 17, comma 4, del CCII) e sino alla conclusione delle trattative con una delle soluzioni previste dall’articolo 23, commi 1 e 2, lettera b) (…).”.
Il riferimento all’art. 23, commi 1 e 2 lett. b), fa ritenere che la misura premiale in parola trovi applicazione esclusivamente nel caso di conclusione positiva del percorso. Il dettato del comma 6 dell’art. 25-bis, si occupa del caso in cui lo strumento utilizzato a conclusione della composizione negoziata non performi, con il venir meno dei vantaggi in parola in caso di successiva apertura della procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata o nella ipotesi di accertamento dello stato di insolvenza.


Sanzioni tributarie: riduzione della misura minima
Il comma 2, riguarda la riduzione alla misura minima delle “sanzioni tributarie per le quali è prevista l’applicazione in misura ridotta in caso di pagamento entro un determinato termine dalla comunicazione dell’ufficio che le irroga”, se il termine per il pagamento scade dopo la presentazione dell’istanza di cui all’art. 17.
Per quanto attiene all’ambito di riferimento nel quale potrebbe operare la regola di cui al comma 2 dell’art. 25-bis, si ritiene che la medesima possa riguardare, per esempio, le procedure di acquiescenza agli atti impositivi, ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. n. 218/1997, ovvero le procedure di definizione delle sole sanzioni, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 472/1997. In questi casi si dovrebbe, di conseguenza, poter applicare la indicata riduzione ad un terzo della sanzione al minimo edittale prevista dall’art. 25-bis, pur senza che sia intervenuto il pagamento.
Anche per questo caso vale ricordare il dettato del citato comma 6 della norma in questione e, quindi, il venire meno della misura premiale solo nelle situazioni ivi previste. Rimane il dubbio circa l’operatività della disposizione in esame nell’ipotesi in cui l’esperto abbia ritenuto, ai sensi dell’art. 17, comma 5, del CCII, non sussistere concrete prospettive di risanamento, con conseguente archiviazione dell’istanza di composizione negoziata o, nel caso di uscita dal percorso prima di aver utilizzato la misura.


Sanzioni e gli interessi sui debiti tributari: riduzione alla metà
Il comma 3 dell’art. 25-bis prevede la riduzione della metà per le sanzioni e gli interessi “sui debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza di cui all’art. 17 e oggetto della composizione negoziata” per le ipotesi previste dall’art. 23, comma 2. Si osserva al proposito che, non essendo previsto alcuno strumento a disciplina delle trattative con l’Ufficio in sede di composizione negoziata, stante quanto sopra, potrebbe risultare conveniente la conclusione negativa della stessa per favorire l’accesso alle ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 23 (in questo caso il richiamo è a tutta la disposizione e non solo all’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti). Ciò anche in considerazione del fatto che, come detto, si dovrebbero mantenere i benefici di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 25-bis, ove spettanti.


Piano di rateazione con l’Agenzia delle Entrate
La misura prevista al comma 4 della norma riguarda la concessione da parte dell’Agenzia delle entrate di un piano di rateazione, fino ad un massimo di settantadue rate mensili, per la corresponsione “delle somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto di imposta, imposta sul valore aggiunto e imposta regionale sulle attività produttive non ancora iscritte a ruolo e relativi accessori”.
Le condizioni per attivare l’automatismo sono:

  • – la conclusione del contratto di cui alla lettera a) o di un accordo di cui alla lettera c),
    dell’art.23, comma 1, e la relativa pubblicazione nel registro imprese;
  • – la sottoscrizione dell’istanza di rateazione anche da parte dell’esperto che, come indica la
    norma “costituisce prova dell’esistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà”.

Al medesimo comma è precisato che:

a) si applicano in quanto compatibili le disposizioni dell’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973 (oggetto
di modifiche a cura del D.L. n. 50/2022 convertito dalla legge n. 91/2022). Considerati gli obiettivi
degli strumenti cui è abbinata la rateazione, non sembra possibile applicare anche il comma 1-
bis della stessa norma, che prevede, in caso di comprovato peggioramento della situazione, la
proroga della dilazione ottenuta; e ciò senza che sia intervenuta la decadenza. Al contrario, pare
applicabile quanto previsto al comma 1-quinquies, e quindi l’incremento della rateazione fino a
centoventi rate mensili, nel caso in cui il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria
responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura
economica;
b) è prevista la decadenza automatica dal beneficio “(…) anche in caso di successivo
deposito di ricorso ai sensi dell’articolo 40 o in caso di apertura della procedura di liquidazione
giudiziale o della liquidazione controllata o di accertamento dello stato di insolvenza oppure in
caso di mancato pagamento anche di una sola rata alla sua scadenza.”. Tale situazione si
potrebbe verificare in caso di esito negativo delle trattative.
Il meccanismo introdotto dalla norma di cui sopra permette di inserire nel Piano (o progetto
dello stesso), prima dell’istanza ex art. 17, la previsione di una eventuale rateazione. Sul punto,
la Relazione di accompagnamento allo schema del D.Lgs. n. 83/2022, precisa che la disposizione
contenuta al comma 4 intende favorire la rateizzazione dei debiti tributari, prima che inizi la
fase di riscossione”, per evitare gli ostacoli alla negoziazione della crisi e alla redazione dei
piani normalmente collegati alla necessità di attendere l’iscrizione a ruolo degli importi dovuti
dall’imprenditore all’Erario”.
Dal punto di vista applicativo, si rileva la mancanza di una disciplina riguardante le modalità
per l’interlocuzione con l’Agenzia delle Entrate per il riconoscimento dei benefici maturati.


Imponibilità ridotta sopravvenienze attive e deducibilità perdite su crediti
In relazione agli impatti ai fini delle imposte dirette, l’art. 25-bis,comma 5, del CCII prevede che “Dalla pubblicazione nel registro delle imprese del contratto e dell’accordo di cui all’articolo 23, comma 1, lettere a) e c), o degli accordi di cui all’articolo 23, comma 2, lett. b), si applicano gli articoli 88, comma 4-ter, e 101, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”. Quindi: la pubblicazione nel registro delle imprese dei richiamati negozi è condizione per l’esclusione, lato debitore, dall’imponibilità (parziale, considerato il consumo delle eventuali perdite fiscali, degli interessi passivi eccedenti o dell’ACE eccedente) delle sopravvenienze attive che si dovessero originare dal contratto o dagli accordi, ma anche, lato creditore, per la deducibilità delle eventuali perdite su crediti. Il legislatore ha, pertanto, “coperto” con la disposizione in commento le nuove procedure, compresi gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (di cui all’art. 61 del CCII, già art.182-septies L.F.) e quelli agevolati (di cui all’art. 60 del CCII, già 182-novies L.F.). La esclusione dal beneficio del piano di risanamento, così come del concordato semplificato, etc., in conformità alle regole di cui all’art. 14 del D.L. n. 118/2021, non pare peraltro
non permettere l’applicazione dell’art. 88, c. 4-ter TUIR, in base a tale ultima disposizione.
Naturalmente, l’art. 88, c. 4-bis, TUIR opera autonomamente e, nel caso di specie, considerato il
richiamo ad opera dell’art. 88 comma 4-ter TUIR, in combinazione con questa ultima disposizione.
La regola in esame altresì non estende ai nuovi istituti il dettato dell’art. 14, c. 5-bis, D.Lgs. n.
472/1997, che esclude l’applicazione della responsabilità solidale in tema di cessione di
azienda. Al proposito si potrebbero raggiungere tali effetti in via interpretativa, seguendo le
indicazioni fornite dall’Agenzia delle entrate con la Consulenza giuridica n. 21 del 2019, con la
difficoltà dell’estensione del vantaggio a “strumenti” che non costituiscono procedure
concorsuali, pur in presenza di un esperto terzo indipendente e del procedimento autorizzativo
del Tribunale per la cessione (art. 22, c. 1 lett. d), CCII).
La norma in esame non si pronuncia neppure in tema di IVA ed applicabilità dell’art. 26, c. 3-
bis, DPR n. 633/1972. Poiché la composizione negoziata non risulta una procedura concorsuale,
qualora l’Agenzia delle Entrate non operi una piena equiparazione fra la legge fallimentare ed il
Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, i nuovi istituti di cui all’art. 23 comma 1, lett. a) e
c) potrebbero non trovare spazio nella disposizione IVA (al proposito si consideri la circolare n.
31/E del 31 dicembre 2014, relativa alle variazioni dell’art. 26 IVA, introdotte dal D.Lgs. n. 175/2014,
che al punto 22 aveva avuto modo di precisare che “Prima delle modifiche, in considerazione
del contenuto tendenzialmente pattizio delle procedure in esame (n.d.r. Accordi di
ristrutturazione art. 182 bis L.F, Piano attestato art. 67 L.F.), la nota di variazione non poteva
essere emessa oltre l’anno dalla data di effettuazione dell’operazione, stante il disposto
dell’art. 26, terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972”).
Si potrà, in tal caso, valutare se gli stessi possano essere considerati quali accordi sopravvenuti fra le parti, con applicazione del comma 2 dell’art. 26; naturalmente nel limite temporale dell’anno (ai sensi del successivo comma 3, D.P.R. n. 633/1972). Per le nuove tipologie di accordi di ristrutturazione (artt. 60 e 61 CCII), si potrebbe operare in estensione del “nuovo” art. 57 del CCII. Da ultimo, non si comprende perché, per le imposte dirette, il legislatore abbia esplicitato l’applicazione delle specifiche regole come visto retro, mentre non abbia fatto altrettanto in tema IVA; insinuando così nel lettore il dubbio che non si voglia permettere al creditore di recuperare/ridurre l’imposta non riscossa (o derivante dalla diversa obbligazione risultante dalle trattative), contrariamente a quanto statuito dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale più recente, fra tutte, Corte di Giustizia UE, sentenza 11 giugno 2020, causa C-146/19 e sentenza 22 febbraio 2018, causa C-396/16 e Cass., 16 novembre 2020, n. 25896.