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Licenziamenti collettivi, reintegra del lavoratore in caso di incompletezza della comunicazione

Contributo a cura degli avvocati Niccolò Medica e Giovanni Torielli pubblicato su N&T Plus DirittoIl Sole 24ORE.

Con sentenza n. 9800 del 25 marzo 2022 , la Corte di Cassazione compie un’attenta disamina dei requisiti di legittimità della comunicazione indirizzata ai lavoratori, in caso di licenziamento collettivoai sensi dell’art. 4, comma 9, della Legge n. 223/1991, nonché delle conseguenze che derivano a fronte della lacunosità di tale comunicazione.

In particolare, la Corte Suprema, in un giudizio afferente la discussa legittimità di un licenziamento collettivo in considerazione di una comunicazione ritenuta incompleta e generica dai lavoratori destinatari della comunicazione stessa, sottolinea l’importanza della disciplina dettata dalla Legge n. 223/1991 in materia di licenziamenti collettivi, in quanto finalizzata a garantire non solo alle associazioni sindacali di contrattare i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, ma anche ai lavoratori potenzialmente interessati dal licenziamento di individuare in anticipo i criteri di scelta e di verificare la coerenza tra detti criteri e la concreta applicazione degli stessi da parte del datore di lavoro.

Secondo la Corte di Cassazione, la comunicazione di cui all’art. 4, comma 9, della Legge n. 223/1991 deve dar conto in maniera puntuale e precisa dei criteri, concordati con le organizzazioni sindacali, presi in considerazione dal datore di lavoro per individuare i lavoratori da licenziare, nonché dei presupposti fattuali sulla base dei quali tali criteri sono stati applicati nel caso specifico, dal momento che “una generica indicazione dei criteri dei lavoratori da licenziare, in particolare dei dati relativi ai carichi di famiglia e della concreta traduzione, per ciascun lavoratore, dei punteggi ricollegati – astrattamente – ai criteri selezionati (anzianità di famiglia, esigenze tecnico produttive ed organizzative, carichi di famiglia), impedisce ogni verifica di coerenza tra i detti criteri e la concreta applicazione degli stessi, non offrendo alcun parametro comparativo, rispetto alla posizione di altri lavoratori, idoneo ad escludere la sussistenza di ingiustificati trattamenti più favorevoli“.

Dunque, conclude la Corte Suprema, l’omessa indicazione nella comunicazione inviata dal datore di lavoro al lavoratore dei criteri di scelta adottati, nonché, ex mulits, dei dati concernenti i carichi di famiglia dei lavoratori e della griglia dei lavoratori selezionati in base al concreto punteggio loro attribuito, determina l’illeggittimità della procedura di licenziamento attesa l’impossibilità per il lavoratore interessato di sindacare la scelta assunta dal datore di lavoro (e, conseguentemente ed eventualmente, di impugnare il licenziamento intimatogli), con conseguente annullamento del licenziamento medesimo e condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore e al pagamento a favore dello stesso di un’indennità risarcitoria in misura non superiore alle dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita (ai sensi del novellato art. 18, comma 4, della Legge n. 300/1970, ossia il c.d. Statuto dei Lavoratori).